I licheni della città

18 Marzo 2011

Ho letto il libro “La città dei bambini” di Francesco Tonucci, scaricabile gratuitamente qui , qualche anno fa, ed è stata una rivelazione. Non perché vi avessi letto qualcosa di assolutamente nuovo, o inatteso, ma perché vedevo finalmente manifestate, in modo organizzato e supportato da ricerca ed esperienza, tante mie convinzioni. L’idea è quella di pensare la città prendendo il bambino come parametro “per non perdere nessuno. Si tratta di accettare le diversità che il bambino porta con sé a garanzia di tutte le diversità”. Il bambino come lichene, ovvero indicatore ambientale. La presenza dei bambini fuori, nelle strade, è garanzia, secondo Tonucci, che la città è sana e sicura per tutti.

La scorsa settimana ho letto Piano B 4.0 di Lester R. Brown, e il capitolo sulle città a misura d’uomo mi ha fatto ripensare a quello sulla città dei bambini.
Ho scoperto il lavoro che è stato fatto a Bogotà. La trasformazione è iniziata nel 1998, con l’elezione a sindaco di Peñalosa, il quale si rende conto che “un ambiente piacevole per bambini e anziani sarebbe stato migliore per tutti”. Secondo il sindaco, “le strade, che sono lo spazio pubblico delle auto, ricevono infinitamente molte più risorse e meno tagli di bilancio rispetto ai parchi, che sono lo spazio pubblico per i bambini. Perché gli spazi pubblici per le auto sono considerati più importanti degli spazi pubblici per i bambini?”.

Possiamo pensare a molti motivi per i quali sarebbe opportuno limitare l’uso delle auto nelle città, ma anche gli scettici dovranno concordare con il fatto che, come dice Lester R. Brown “in un mondo in via di urbanizzazione esiste un conflitto tra l’automobile  e la città. Superata una certa soglia, quando il loro numero si moltiplica, le automobili sono piuttosto causa di immobilità”.

Aumentano le auto e aumentano le strade, ma più strade e più parcheggi sono causa di aumento di traffico e non sono quindi una soluzione al problema, anzi spesso portano a un ulteriore peggioramento. Se le strade devono proprio essere costruite, dovrebbero essere “complete streets”, ovvero strade fruibili da pedoni e biciclette tanto quanto lo sono per le automobili, e sottolineo tanto quanto . Ancora, per gli scettici, alcune considerazioni puramente economiche: “i paesi che hanno sistemi di trasporto urbano e di piste ciclabili ben sviluppati sono più preparati ad affrontare le tensioni provocate dal ribasso mondiale della produzione di petrolio”.

Alcuni fatti interessanti tratti dal capitolo sulle città a misura d’uomo:

  • le biciclette riducono il traffico e l’occupazione di suolo, dato che nello spazio occupato da un’auto possono essere parheggiate fino a 20 dueruote. L’avevate mai vista da questa prospettiva?
  • la Cina, con i suoi 430 milioni di biciclette, ha la flotta più grande del mondo, ma le percentuali di possesso sono più alte in Europa. L’Olanda ha più di una bici a persona, mentre la Danimarca e la Germania poco meno di 1 a testa
  • In Olanda il 27% di tutti i tragitti viene percorso in bici, in Danimarca il 18%, in Germania il 10%, in Gran Bretagna l’1%
  • Nel 2007, Amsterdam è diventata la prima città occidentale industrializzata in cui il numero di spostamenti in bicicletta ha superato quelli in automobile
  • nel 2007 il sindaco di New York Bloomberg ha annunciato il PlaNYC, che prevede la riduzione del 30% delle emissioni di gas serra entro il 2030