L’Alliance Francaise des designers, il sindacato di categoria più importante in Francia, e quello con il maggior numero di iscritti, ha sviluppato la Carta degli ecodesigner, alla quale è possibile aderire qui . Non finirò mai di sottolineare l’importanza della progettazione, che determina la maggior parte dell’impatto ambientale del prodotto nel suo intero ciclo di vita.
Questi sono i principi che gli ecodesigner francesi promettono di seguire:
- Miglioramento continuo e innovazione permanente attraverso la formazione e l’informazione degli attori del processo
- Approccio sistemico che consideri criteri multipli e le loro interazioni
- Agire insieme, attraverso un impegno di lungo termine tra clienti e fornitori
- Responsabilità sociale lungo la catena di fornitura fino al cliente finale
- Scelta delle risorse secondo criteri ambientali e sociali lungo l’intero ciclo di vita
- Considerare acqua, aria e suolo come beni comuni dell’umanità da preservare e non inquinare in un’ottica di ciclo di vita
- Minimizzare il bisogno di energia lungo l’intero ciclo di vita e prediligere le fonti rinnovabili e non inquinanti
- Rifiuti: minimizzare l’inquinamento e privilegiare la riciclabilità
- Considerare l’impatto sulla salute
- Puntare alla preservazione della biodiversità lungo l’intero ciclo di vita del prodotto o servizio
Tutto bene (peccato solo si parli di riciclabilità e non di uso di materiali riciclati), mi domando però su che strumenti si baseranno questi designer per stabilire se è stato minimizzato l’utilizzo di energia, o come misureranno il miglioramento, o come sceglieranno le risorse con un impatto ambientale minore lungo l’intero ciclo di vita. L’idea va sostenuta, però non si fa cenno all’utilizzo di metodologie o strumenti particolari che possano supportare le scelte attaverso analisi scientifiche. Perché quando si ha a che fare con la sostenibilità, non ci si può affidare solo all’esperienza e il buon senso perché quest’ultimo, anche se buono, non sempre è sensato.