Per quest’anno la Terra ha già dato, e visioni future

4 Settembre 2012

L’Earth Overshoot Day è il giorno in cui il consumo di risorse rinnovabili per l’intero anno supera la capacità del pianeta di rigenerarle. Tale data viene calcolata dal Global Footprint Network , che ogni anno ne registra un ulteriore anticipo. La popolazione mondiale cresce, e con essa aumenta il bisogno di risorse, ma in modo spropositato, poiché viviamo al di sopra delle possibilità del pianeta che ci ospita. Consumando quanto consumiamo ora, avremmo bisogno di una volta e mezza il nostro pianeta; continuando di questo passo alla metà di questo secolo avremo bisogno di una seconda Terra.

Se l’Earth Overshoot Day nel 1992 era il 21 ottobre, nel 2002 è caduto il 3 ottobre e nel 2008 il 23 settembre, mentre quest’anno il 22 agosto. In 20 anni si è quindi ridotto di due mesi il tempo in cui consumiamo le risorse rinnovabili disponibili per un intero anno. Nel sito del Global Footprint Network è disponibile un calcolatore di questa data fino alla fine del 2050. Prima degli anni ’70 riuscivamo ancora a terminare l’anno a credito, mentre il momento di pareggio si è verifivato alla metà di quel decennio; da quel momento la situazione è andata invece sempre più peggiorando.

Non tutta la popolazione mondiale consuma allo stesso modo, non è una novità, e infatti se vivessimo tutti come uno statunitense medio, avremmo bisogno di ben 4,16 pianeti.

E’ recentemente apparso uno studio realizzato dal SIWI (Stockholm International Water Institute) in occasione della settimana mondiale dell’acqua, che evidenzia i paradossi del consumo di cibo nel mondo. Mentre la produzione di cibo pro capite è andata aumentando continuamente, un miliardo di persone oggi soffre la fame. La produzione di cibo è strettamente collegata alla disponibilità di acqua e di energia che, lo sappiamo, scarseggeranno sempre più, soprattutto in certe aree del mondo. Quale sarà però lo scenario nel 2050, quando la popolazione mondiale passerà dagli attuali 7 miliardi di abitanti a 9 miliardi? Secondo lo studio, la crescente urbanizzazione ha causato una forte sconnessione tra consumo e produzione di cibo. La distanza tra i due sarebbe poi la causa di una maggiore manipolazione delle materie prime e un crescente quantità di processi successivi alla raccolta dei prodotti dell’agricoltura. Una sempre maggiore quantità di cibo prodotto viene infatti perduta, trasformata o sprecata. La questione però è ben più complessa, in quanto l’acqua (e anche l’energia) non vengono utilizzate solo per la produzione di cibo, e quindi il loro uso dovrà essere gestito tra molteplici attività e, soprattutto, interessi privati.

Ho letto alcuni articoli relativamente a questo studio, e l’aspetto che più ha attirato l’attenzione dei media è quello relativo al cambiamento di dieta (ovvero diventare tutti vegetariani) come soluzione ai problemi descritti. In effetti, lo studio spiega che nel 2050 non ci sarà sufficiente acqua per nutrire il pianeta se continueremo a seguire la tipica dieta dei paesi occidentali, caratterizzata da 3000 kcal al giorno di cui il 20% provenienti da proteine animali. L’acqua sarà sufficiente infatti per fornire una dieta in cui le proteine animali costituiscono solo il 5%. Non completamente vegetariani, ma quasi.
L’aspetto cruciale dello studio, però, riguarda soprattutto la gestione efficiente dell’acqua, considerando l’intero ciclo di vita della produzione di cibo, “from field to fork” (dal campo alla forchetta) e la riduzione del l’enorme quantità di cibo (30-50%) perso o sprecato nel percorso dal raccolto al consumo.