Venerdì e il libro più bello

29 Marzo 2013

Anni fa un mio amico mi ha chiesto con che parametri davo i miei giudizi sui libri. Benché legga moltissimo, ami i libri, mi piaccia leggerli, tenerli in mano, sfogliarli e anche annusarli, questa domanda mi ha spiazzata. In realtà non lo sapevo. Avevo sempre giudicato le mie letture in base alle sensazioni che mi trasmettevano, al modo in cui la storia mi coinvolgeva. Il mio era insomma un giudizio di pancia. Però ho cominciato a pensarci. Credo che lui mi sia capitato tra le mani proprio in quel periodo. In genere ricordo dove ho comprato i miei libri, da chi li ho ricevuti, in che occasione, o qualche altro dettaglio collegato al perché li ho scelti. Di questo non ricordo niente. Però quando ho iniziato a leggerlo ho avuto risposta alla mia domanda, e ho creduto di avere in mano uno dei più bei libri mai letti. Ecco cosa mi interessava, e mi interessa tuttora, in un libro: il modo in cui è scritto, l’argomento e il modo in cui questo viene trattato, e infine le sensazioni che riesce a smuovere dentro di me e l’impatto sul mio immaginario. Lui li aveva tutti.
Questa è una di quelle storie che piacciono a me, una storia di un mondo perduto, di un posto che non esiste più, ed è intrisa di nostalgia, che trovo uno dei sentimenti più struggenti.

Dalla quarta di copertina:

Il suggestivo ricordo di “quella singolare Mitteleuropa mediterranea ch’era la Dalmazia” fatto rivivere prima che fosse completamente cancellato dalla storia, di un luogo in cui non è più possibile tornare, perché – così com’è nella memoria – non esiste più.

E’ la storia autobiografica dell’autore, ricca di ricordi, memorie d’infanzia, relazioni familiari, molto profonda e personale, ma incanalata in una scrittura controllata, raffinata, cesellata da una rara proprietà di linguaggio. Potrebbe sembrare una contraddizione, ma il risultato è invece un racconto elegantemente narrato, che forse altrimenti sarebbe solo una storia strappalacrime. Non amo rileggere i libri, non lo faccio mai. C’è solo un libro che leggo più o meno una volta l’anno, gli altri mai. Però voglio rileggere questo per vedere l’effetto che fa ad anni di distanza.
Rimane comunque intatta la perplessità per il fatto che questo non sia un libro famoso, o almeno conosciuto ai più. Per qualche motivo è passato in sordina; spero che non sia dimenticato ma piuttosto un segreto ben conservato.

Enzo Bettiza, Esilio

Buon fine settimana e buona Pasqua.

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