Dal Sud Africa mi è arrivato questo libro scritto da uno scrittore svedese di cui ho già letto “Il centenario che scappò dalla finestra e scomparve” . Ho molto amato il primo, mi sto gustando anche questo, che ad ogni pagina diventa più interessante. La storia della seconda opera di Jonas Jonasson inizia proprio in Sudafrica, nella Johannesburg degli anni ’60 e ’70, in piena apartheid. La protagonista è Nombeko, una ragazzina alquanto speciale, molto intelligente e soprattutto capace di vedere oltre quello che sembrava potesse essere il solo mondo possibile. Non che conoscesse il mondo al di là della sua baraccopoli, ma era comunque speranzosa, e curiosa. Chi ha letto Jonasson, e lo apprezza, sa che ha un modo unico di scrivere: essenziale, diritto al punto, improbabile ed eccentrico, però quando lo leggi non c’è nulla che, a modo suo, non abbia senso. Mi piace molto chi sa dire tutto ciò che vuole, sin nelle sfumature, senza tanti giri di parole, e facendo anche sorridere.
La storia, qui, non potrebbe essere più stravagante. Questa intelligente ragazza africana, arriverà a un certo punto, anche se io non ci sono ancora, ad incontrare il re di Svezia, e addirittura a salvargli la vita. Mi piace molto la parte in cui incontra Holgar 2, ragazzo svedese la cui storia viene raccontata parallelamente a quella di Nombeko.
“Hello, by the way,” he said, extending his hand. “My name is Holger.”
An astounded Nombeko took Holgar’s hand. A white man with manners.
“Nombeko,” said Nombeko. “I’m from South Africa. I’m a political refugee.”
Holger was sorry to hear abount Nombeko’s bad fortune, but he welcomed her to Sweden all the same. She wasn’t cold, was she? If she wanted, he could ask for another blanket for her from the storehouse.
Was she cold? Ask for a blanket? What was going on? Had Nombeko alreday managed to meet the normal person she had never met thus far, just a few seconds after she had dared to hope for such a thing? She couldn’t help uttering her appreciative surprise:
“Imagine that people like you exist after all.”
Holger gave her a melancholic look.
“The problem is I don’t,” he said
Don’t what? Nombeko wondered. And she said just that: “What don’t you do?”
“Exist,” Holger replied. “I don’t exist.”
Anche per questo romanzo, come faccio sempre ogni volta che leggo un libro tradotto, sono andata a guardarmi il titolo originale. La versione italiana è rimasta fedele al titolo svedese, “L’analfabeta che sapeva contare”, mentre purtroppo nella versione inglese il titolo è diventato “The girl who saved the king of Sweden”.
Non l’ho fatto in occasione della lettura del primo libro, ma ora ho voluto approfondire la conoscenza di questo scrittore, e ho fatto bene. Ho sempre ammirato chi si sa reinventare, e ancor più, chi riesce a stravolgere quella che sembra una sfortuna perché ha la grande abilità di concentrarsi non su quello che non riesce a fare, ma su quello che può fare. Uomo di successo, Jonasson fonda una società di comunicazione che impiega circa 100 dipendenti fino a che, ad un certo punto, a causa di un grave esaurimento e problemi di schiena, vende tutto e si trasferisce in una remota parte della Svezia, e successivamente in Svizzera. La stesura del suo primo libro richiede molto tempo (l’autore intanto ha 50 anni, età in cui, pensando ad un eventuale cambiamento di percorso, spesso si dice “Cosa vuoi che faccia ormai, ho già 50 anni…”). Inaspettatamente, dopo un inizio in sordina, il romanzo scavalca le classifiche di vendita del suo paese natale e di molti altri.