Il vestito dell’avvenire e quel che c’è per ora

20 Novembre 2014

 

Design by Anastasia

 

Il vestito dell’avvenire

di Gianni Rodari

Modello di vestito

che si allunga e si allarga

all’infinito.

Non perde bottoni,

non ragna sui calzoni,

esente da macchie e da strappi,

s’indossa all’asilo

e cresce un po’ per anno

senza perdere un filo.

I sarti si prevede

che lo sconsiglieranno.

Chiederanno al governo

qualche decreto drastico

contro il vestito elastico

che dura in eterno.

Con o senza permesso,

io lo invento lo stesso.

Se non era un visionario lui ditemi chi lo era. In questa filastrocca è riassunto tutto il senso dell’abbigliamento sostenibile, la riduzione degli sprechi, il prodotto che si adatta e veste, è il caso di dirlo, tempi e situazioni diverse.

Noi poveri mortali, invece, cerchiamo di dare un’occhiata a quello che succede, meno avveniristico ma comunque interessante, nell’ambito di questo settore.
Il settore dell’abbigliamento è il terzo più inquinante dopo quello petrolifero e agricolo. Questa tendenza è favorita dalla nascita di catene e marchi a basso costo, che rendono l’acquisto di nuovi capi estremamente appetibile, così come rendono facile la loro dismissione.

Lo statunitense medio ogni anno getta 29 kg di capi d’abbigliamento e se si considerano anche tutti gli altri prodotti tessili quali ad esempio lenzuola o strofinacci, sempre negli USA ogni anno si gettano 14,3 milioni di tonnellate.

Recentemente Levi’s ha dato il via ad un progetto di riciclo dell’acqua nella fase di produzione dei jeans. L’acqua riciclata si riferisce solo alla fase di finitura, quindi al lavaggio finale che conferisce al capo la particolare gradazione di colore. Il progetto è partito in Cina con i primi 100.000 capi, che hanno permesso di risparmiare 12 milioni di litri di acqua. La cosa più importante, però, è quella che il progetto dovrebbe essere adottato da altri fornitori della Levi’s. A breve dovrebbe seguire l’impianto produttivo in Nicaragua.

La fase d’uso dell’abbigliamento è molto impattante. Il consumatore ha quindi un ruolo cruciale nel ciclo di vita del prodotto. E’ necessario innovare i tessuti perché si sporchino meno, si asciughino in fretta e non necessitino di  essere stirati; con quelli tradizionali serve un cambiamento culturale che passa attraverso una serie di stimoli.
Sempre Levi’s ha adottato l’etichetta che consiglia di lavare meno il capo e con acqua fredda, di asciugarlo sullo stendino e infine di donarlo quando non lo si usa più.

H&M ha invece lanciato Clevercare, sempre con il medesimo obiettivo, aggiungendo anche il consiglio di stirare e usare la pulitura a secco solo se necessario.

Un modo per ridurre l’impatto del capo è quello di allungarne la vita. Il marchio svedese Nudie Jeans offre un servizio gratuito di riparazione in tutti i propri store che riscuote un gran successo.

Per coloro che non si trovano vicino ad un negozio del marchio è possibile richiedere il kit di riparazione e scaricare online la guida per i rammendi dei propri jeans.

Ma l’azienda si spinge oltre. Con il proprio obiettivo di trasparenza totale, offre indicazioni sui propri fornitori (guardatelo, il 69% dei jeans è prodotto in Italia) e sui loro principali subappaltatori.

Non dimentichiamo poi l’aspetto sociale. Un’altissima percentuale degli abiti che indossiamo viene prodotta in paesi in cui i lavoratori hanno poche garanzie, quindi il rispetto di misure di sicurezza e un salario equo sono componenti importanti della sostenibilità del prodotto. H&M , ad esempio, garantisce salari che permettano il soddisfacimento dei bisogni primari.

American Eagle, con i suoi 800 e più negozi in USA e Canada, H&M, Nike e Puma hanno aderito ad I:CO, che prevede la raccolta dei capi di abbigliamento dismessi. L’azienda processa ogni giorno 700 tonnellate di capi usati nei 90 paesi in cui opera. Il 60% dei capi è ancora utilizzabile e viene passato ad organizzazioni che lo distribuiscono a persone bisognose, mentre il resto torna a nuova vita.

Se volete approfondire l’argomento, abbiamo parlato della sostenibilità nel settore dell’abbigliamento, con maggiori informazioni anche sulla produzione delle materie prime.

Categorie: Life Cycle Thinking