Agata Lo Giudice è Senior Research Associate all’University of Johannesburg, un ruolo che si è conquistata con determinazione. La conosco da qualche anno e ogni tanto ci sentiamo per un breve aggiornamento di vita, ed è sempre un contatto molto piacevole.
Ho voluto ospitarla in questo spazio perché ha vissuto una bellissima esperienza in un altro continente mettendosi in gioco e seguendo il proprio istinto anche contro l’opinione generale. Spero che questa intervista serva d’ispirazione a tanti giovani, e non solo.
Il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi ( Italo Calvino)
Cosa ti ha spinta a trasferirti a 11.000 km dalla tua Catania per iniziare una nuova avventura in Sudafrica?
La voglia di accrescere la mia esperienza universitaria in un contesto totalmente diverso. Per la verità la scelta è stata del tutto casuale nel senso che, dopo aver conseguito il dottorato e aver lavorato 9 mesi senza retribuzione e senza reali prospettive, ho deciso di dare una svolta lavorativa alla mia vita e non solo. Ho risposto a tantissimi annunci su internet per borse di studio post dottorato in ambito di LCA e nel giro di un mese avevo già il contratto di Post doc fellowship presso l’University of Johannesburg. In molti mi hanno giudicata “irresponsabile” poiché non conoscevo nessuno e Johannesburg non gode di fama di città particolarmemte tranquilla. Io mi son detta: mal che vada torno a casa.
La mia esperienza si può riassumere in queste poche parole: una parte del mio cuore è rimasta in SudAfrica.
Raccontaci del tuo lavoro a Johannesburg e dei progetti che hai seguito.
Sono partita con una borsa di studio post dottorato. A parte continuare a lavorare e pubblicare in ambito di LCA ho aiutato il mio tutor (Professor Charles Mbohwa) nelle sue normali attività didattiche, sostituendolo in aula, collaborando durante gli esami non solo con lui ma anche con altri professori dello stesso dipartimento. Sono stata presso la facoltà di ingegneria di Durban (University of KwaZulu-Natal) per conoscere e imbastire possibili rapporti di ricerca con la preside (una grintosissima donna sarda Prof. Cristina Trois). Infine ho partecipato, come rappresentante del SudAfrica, ad un training organizzato dall’UNEP a Parigi dal titolo Train-the-Trainers on Environmental Footprinting of Products focusing on Carbon Footprint and Water Footprint
Quali sono stati gli aspetti più interessanti e, se ce ne sono stati, quelli più complicati di quella esperienza?
L’University of Johannesburg è una “giovane” università prettamente “coloured”. Basti pensare che nel mio dipartimento su una trentina di persone solo in due eravamo di razza bianca. È stato questo sicuramente l’aspetto più interessante, formativo (da tutti i punti di vista) e complicato da affrontare. Ritrovarsi alla fermata del bus del campus, unica bianca tra tantissimi neri, mi ha fatto capire cosa significhi essere (ed essere considerata) “diversa”. L’apartheid solo teoricamente è finita, ma si respira ovunque…Anche l’approccio col mio tutor è stato arduo all’inizio: modi diversi di lavorare, di pensare, di ridere e forse una sua iniziale..diffidenza…In realtà è stata un’esperienza meravigliosa con lui e con tutti in ambito universitario e non solo. È stata un’esperienza che mi ha reso più forte, più consapevole ma nulla di ciò sarebbe stato possibile senza le persone meravigliose che ho incontrato in questo anno.
Quali differenze hai notato tra il mondo universitario italiano e sudafricano?
Sicuramente il rispetto verso i professori da parte dei ragazzi. Molta più motivazione.
Dall’altro lato, un’apertura pazzesca verso il mondo, agli scambi di ricerca, meno formalismi e molta più sostanza. Un modo meritocratico di valutare e premiare la ricerca: i fondi vanno dati solo a chi pubblica su certe riviste o convegni..se no..niente fondi. Una passione e una voglia di lavorare che in Italia non trovavo da anni.
Nella tua esperienza, come puoi descrivere gli sviluppi nell’ambito della sostenibilità in Sudafrica?
Sicuramente c’è un notevole interesse verso i temi ambientali e dello sviluppo sostenibile in tutto il SudAfrica che, sicuramente, è tra le regioni africane più attive in questo ambito.
Ad oggi hai mantenuto i contatti con l’università? E quali sono i tuoi progetti futuri?
I contatti con l’Università di Johannesburg non si sono mai interrotti tanto che attualmente sono Senior Research Associate. Abbiamo pubblicato e continuiamo pubblicare papers su riviste internazionali e convegni. Il preside della facoltà mi ha proposto come Visiting Associate Professor, proposta che verrà valutata subito dopo l’estate. Prima della fine di quest’anno andrò a Johannesburg per un periodo di ricerca, come ho già fatto l’anno scorso.
Agata Lo Giudice è attualmente Senior Research Associate presso l’University of Johannesburg (Department of Quality and Operations Management, Faculty of Engineering and the Built Environment). Presso la stessa università ha conseguito un Post Doctoral fellowiship della durata di un anno.
Ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in “Organizzazione del territorio e sviluppo sostenibile in Europa” presso Università di Catania, Facoltà di Economia dove ha collaborato (prima come dottoranda e poi come assegnista di ricerca) per circa 10 anni.
Si occupa principalmete di Cleaner Production, Life Cycle Assessment, sistemi di gestione ambientale e altri strumenti di valutazione ambientale, Ecologia industriale e merceologia.