Non penso di aver mai fatto una vera e propria recensione di “Tre uomini in barca”, ma è un libro che amo molto e trovo divertentissimo. Il libro è stato un grande successo per Jerome K. Jerome che, come spesso succede anche oggi, ha pensato di farne un seguito. Dopo il viaggio lungo il Tamigi, in “Tre uomini a zonzo” i nostri amici intraprendono un viaggio in bicicletta che li porta in Germania, anche qui tra mille (dis)avventure.
Questo romanzo mi è piaciuto molto meno del primo, talvolta ho fatto fatica a procedere nella lettura, ma ho tenuto duro dando una possibilità ad ogni singola pagina, memore delle risate che mi ero fatta con il primo. Il confronto è inevitabile, e non benevolo.
Mi piacerebbe sapere se in Germania questo libro si legga ancora molto, perché fa del paese e dei suoi abitanti una descrizione incisiva e talvolta decisamente tagliente. Quando è stato pubblicato in Germania ha avuto un buon successo tanto da divenire, secondo Wikipedia , libro di testo nelle scuole.
La nascita degli stereotipi è un argomento molto affascinante, e anche la loro diffusione in paesi diversi. Sono rimasta colpita da come molti stereotipi attuali sui tedeschi non fossero poi molto diversi quando è stato scritto il libro nel. 1900.
I nostri eroi, questa volta senza il cane, sono ora più maturi, due di loro sono sposati, e devono anche fare i conti con le consorti prima di intraprendere il viaggio. E’ il punto in cui la storia si presenta promettente: l’uomo che prende in mano la situazione, esigendo dalla moglie di poter passare qualche settimana con gli amici. Ah, che risposta, forse qualche signora ne vorrà prendere nota:
“I only want to get rid of you for a little while, just long enough to forget there one or two corners about you that are not perfect, just long enough to let me remeber what a dear fellow you are in other respects, and to look forward to yor return, as I used to look forward to your coming in the old days…”
Avete anche voi un metodo per fare la lista delle cose da portare in viaggio? Ho scoperto che il mio assomiglia a quello descritto nel libro. Consiste nel pensare a ciò di cui si ha bisogno nelle diverse situazioni della giornata, poi per i vestiti si parte invece dai piedi fino ad arrivare alla testa:
“Imagine yourself in bed; what have you got on? Very well, put it down – together with a change. You get up, what do you do? Wash yourself. What do you wash yourself with? Soap; put down soap. Go on till you have finished. Then take your clothes. Begin at your feet; what do you wear on your feet? Boots, shoes, socks; put them down. Work up till you get to your head.”
Le biciclette che usano i nostri eroi non sono bici qualsiasi, ma biciclette ergonomiche che, forse come adesso, ” corrono bene la mattina ma dopo pranzo sono un po’ durette “.
In passato, ora forse meno, quando si voleva imparare una lingua straniera si domandava dove fosse meglio andare ad impararla. Non che questo, però, rappresenti sempre un vantaggio:
“To Hanover one should go, they say, to learn the best German. The disadvantage is that outside Hanover, which is only a small province, nobody understands this best German. Thus you have to decide whether to speak good German and remain in Hanover, or bad German and travel about.”
E qual è la cosa più negativa che si possa dire sui tedeschi, ma in questo caso anche sugli anglosassoni?
The worst that can be said against them is that they have their feilings. They themselves do not know this; they consider themselves perfect, which is foolish of them. They even go so far as to think themselves superior to the Anglo-Saxon: this is incomprehensible”
Non so se questo tipo di umorismo piaccia a molti, a me un mondo. Qui non è proprio lampante, bisogna pazientare e scoprirlo qua e là. Se vi piace il genere, leggetelo; questo è il periodo giusto, da ora fino al prossimo maggio, perché non è un libro da leggere sotto l’ombrellone.
Buon fine settimana!