Venerdì, un libro che parla di libri

21 Ottobre 2016

Ho deciso di prendere questo libro perché parlava di una libreria, luogo che, assieme alle biblioteche, amo molto. Se sono in un posto nuovo, anche non lontano da casa, entro nel panificio perché mi piace molto vedere i diversi tipi di pane che si sfornano, e nella libreria. Se sono all’estero le librerie sempre, e anche le biblioteche, ma non disdegno i supermercati anche se non devo fare la spesa, perché mi piace vedere cosa mangiano le persone e anche come vengono abbinati i cibi (avete mai notato che olio e aceto sono vicini solo in Italia?).

Di questo libro mi ha poi sorpreso la storia del successo, che è arrivato dal passaparola, il che mi è sembrato quasi una garanzia di qualità.

Per la prima volta, forse, non ho guardato il titolo originale, ed è stato un errore. Regola numero uno: guardare sempre il titolo originale di un libro (se se ne conosce la lingua).

“Lo strano caso dell’apprendista libraia” a cosa fa pensare? A una libreria, a tanti libri, a una libraia e ad uno strano caso.

E’ la storia di Esme (nome carino e originale), inglese a New York, giovane ragazza con una borsa di dottorato alla Columbia e una strada luminosa che sembra libera da ogni imprevisto, finché scopre di essere incinta. E il suo ragazzo la lascia. Non è disperata, ma è disorientata. Non esiste una guida per ritrovare l’equilibrio perduto, ma il suo vagabondare interiore lentamente si trasforma in viaggio nei mesi in cui lavora alla libreria “La Civetta”.

Dall’inizio la storia mi è piaciuta, ma mi ci è voluto un po’ per capire il successo del libro. Ho a lungo aspettato di scoprire quale fosse questo “strano caso”, pagina dopo pagina, e lo strano caso non è mai arrivato. Se lo leggete, non aspettatevelo, non c’è proprio, il titolo è una fregatura mentre quello originale, “The bookstore”, dice invece come stanno le cose: è un libro che parla di una libreria, della sua magia, dei libri, e di tutto ciò che delle pagine piene di parole possono rappresentare per ciascuno.

La bellezza del libro non è nella storia, ma nello stile. Deborah Meyler scrive molto bene, ha uno stile originale, disarmante, perché dice le cose come stanno con una visione molto personale. Credo che questa sia la principale novità del libro, visto che invece sempre più spesso leggo cose scritte per colpire, o per piacere.

Solo dopo aver finito il libro, ho letto la dedica, che trovo commovente: ” In memoria di mio padre, Gordon Mc Lauchlan, che mi ha insegnato a essere felice “.

Buon fine settimana!

Categorie: Libri