Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha affermato che “il cambiamento climatico sta accadendo ora, a tutti noi. Nessuno stato o comunità è immune…come sempre in questi casi, i più poveri e vulnerabili sono i primi a soffrirne e quelli maggiormente colpiti”.
Il concetto di giustizia climatica consiste nella necessità di favorire l’equità tra paesi, comunità e cittadini contro i cambiamenti climatici e fa riferimento alla crisi climatica in termini non solamente ambientali, ma anche etici e morali, oltre che politici.
Mentre gli effetti fisici dei cambiamenti del clima sull’ambiente sono tangibili in tutto il mondo, la capacità delle diverse popolazioni e dei diversi gruppi sociali di far fronte a questi impatti non è uguale per tutti. Le comunità emarginate sperimentano in modo sproporzionato gli effetti negativi dei cambiamenti climatici a causa del loro accesso limitato alle risorse e ai processi decisionali. Di conseguenza, mentre la crisi climatica si aggrava, con essa si accentuano le disuguaglianze già esistenti.
Negli Stati Uniti, le comunità più vulnerabili sono in gran parte le comunità di colore, gli immigrati e la popolazione a basso reddito.
Il rapporto State of the Air dell’American Lung Association ha dimostrato che più di 135 milioni di persone negli Stati Uniti vivono in aree con livelli nocivi di ozono o inquinamento da particelle, con un alto tasso rilevato di malattie respiratorie di vario genere e gravità. Il rapporto ha evidenziato che la popolazione di colore ha il 61% di probabilità in più rispetto ai bianchi di vivere in un’area con un alto grado di inquinamento atmosferico.
A tal proposito il 25 giugno scorso l’EPA (Environmental Protection Agency), nell’ambito dell’ American Rescue Plan, ha presentato un piano di finanziamenti di 50 milioni di dollari per aiutare le comunità a basso reddito maggiormente esposte agli effetti dell’inquinamento.