La comunità scientifica ha calcolato che l’attività umana ha immesso nell’atmosfera terrestre oltre 2.000 miliardi di tonnellate di gas serra dall’inizio della prima rivoluzione industriale, a metà del 1700. Oltre tre quarti di questi gas sono costituiti da anidride carbonica.
La quantità di carbonio emessa è superiore a quella che la natura può riassorbire e non si tratta di un problema risolvibile nel breve termine, soprattutto se si continuano a rilasciare 50 miliardi di tonnellate di gas serra in più nell’aria ogni anno. Infatti, la dissipazione del carbonio in eccesso può richiedere fino a migliaia di anni.
In Europa le politiche di riduzione delle emissioni sono molto ambiziose, quindi richiedono un intervento coordinato su più ambiti, che riguardano il trasporto, il consumo di energia e l’aumento di produzione da fonti rinnovabili. L’UE investe, inoltre, nella riforestazione, nel recupero di aree umide e paludi, in quanto veri e propri serbatoi di carbonio. Sono, infatti, ecosistemi noti per assorbire più emissioni di quante ne producano.
Prima di proseguire con il testo è necessario chiarire alcuni termini, come:
- Carbon Offset: bilanciamento delle emissioni di gas serra generate da una determinata attività umana attraverso il finanziamento di progetti esterni che assorbono una quantità equivalente di CO2 o l’acquisto di crediti.
- Carbon Neutral (net zero): equilibrio tra le emissioni e l’assorbimento di carbonio. Per raggiungere tale obiettivo, l’emissione dei gas ad effetto serra (GHG) dovrà essere controbilanciata dall’assorbimento delle emissioni di carbonio.
- Carbon Negative: rimozione dall’atmosfera di più carbonio di quanto ne venga rilasciato.
- Carbon Debt (Lifetime Carbon Neutral): rimozione dall’atmosfera di una quantità di CO2 pari a quella rilasciata direttamente dall’azienda a partire dalla data di fondazione.
Tra quelli elencati, il Carbon Debt racchiude una nuova tendenza, ovvero l’attenzione ai danni provocati all’ambiente nel passato. L’aumento di consapevolezza spinge ad andare oltre le emissioni attuali e riflettere su atteggiamenti precedenti. Intervenire a posteriori su mancanze di decenni è un’impresa sia in termini organizzativi e strategici che di costi, ma il peggioramento degli effetti del cambiamento climatico impone reazioni sempre più rilevanti e radicali. Ripensare a bilanciare in parte l’impatto sull’ambiente in tutti gli anni in cui un’azienda ha operato e prosperato attraverso l’uso delle risorse naturali offre un punto di vista che sembrerebbe ovvio ma è in realtà solo agli albori e sconosciuto ai più.
Nel 2021, il Gruppo Velux, produttore di finestre danese, ha annunciato, nella sua Strategia per la Sostenibilità al 2030, che si impegna a ripagare il proprio debito di CO2 entro il 2041 per festeggiare il proprio centenario. Tramite la partnership con il WWF, Velux ripagherà 5.6 mil di tonnellate (incluso un cuscinetto del 25%) di CO2 finanziando progetti forestali in Uganda e Myanmar. Il ruolo del WWF consisterà nell’individuare le zone in cui intervenire e con quali piante. La compensazione delle emissioni attraverso queste patiche consente la protezione degli habitat e della biodiversità.
Inoltre, l’azienda danese è anche stata selezionata dalle Nazioni Unite per raccontare una buona pratica di applicazione degli SDGs.
Prima di Velux, l’annuncio del rimborso del debito di carbonio era arrivato da Microsoft nel 2020. L’azienda, fondata nel 1975, si propone di ripagare 27.3 milioni di tonnellate di CO2 attraverso le foreste, altri metodi naturali e investendo 1 miliardo in fondi per accelerare lo sviluppo tecnologico e la diffusione di nuove innovazioni per il clima attraverso capitale azionario e di debito.
La compensazione totale del Carbon Debt fissata al 2050 è riferita alle sole emissioni di anidride carbonica (vedi il Report Microsoft 2021), mentre l’impegno alla riduzione può considerarsi trasversale. Infatti, l’azienda suddivide le proprie emissioni secondo il GHG Protocol e interviene su tutti e tre gli Scope, quindi si considerano sia le emissioni dirette che indirette dell’azienda, con lo Scope 3 che coinvolge l’intera catena di fornitura.
È chiaro che il cambiamento proposto è di macro dimensioni. Per questo il 2030 si pone come tappa intermedia nel percorso dell’azienda, che si prefissa di diventare Carbon Negative entro quell’anno. Quest’obiettivo è stato maturato dopo aver capito che la politica aziendale verso la Neutralità carbonica, cominciata già nel 2012, non sarebbe bastata per affrontare la crisi climatica in atto.