Qualche settimana fa ho accompagnato un parente ad acquistare un televisore LED. Nonostante gli aspetti da considerare fossero diversi, occupandomi di comunicazione ambientale il mio occhio e la mia attenzione sono stati automaticamente attratti dai parametri di sostenibilità.
Così, quando ho visto un bell’apparecchio con tanto di margherita e coroncina di 12 stelline blu, ho esclamato: “Ah, questo ha l’ecolabel europeo”, rivolta al commesso.
“Sì, significa che è riciclable”, risponde lui.
“Bhè, non proprio, mi sembra molto riduttivo. L’ecolabel è molto più di questo”.
“Sì, consuma meno energia, stanno attenti all’ambiente, ma più o meno tutti i televisori sono uguali”, dichiara convinto.
“Lei dice?”
Incuriosita, al secondo punto vendita cerco lo stesso televisore e chiedo al commesso cosa significhi quell’adesivo con la margheritina. Anche lui mi borbotta qualcosa di poco comprensibile, tra le parole colgo un “riciclabile”, poi “ambiente”.
Al terzo negozio chiedo ancora se hanno quel televisore con l’ecolabel europeo, spiegando bene il tipo di logo rappresentato. Non ce l’hanno, ma cosa me ne faccio di quel logo, mi viene risposto, ormai tutte le aziende fanno il massimo per rispettare l’ambiente, ma che, non lo so?
Ora, l’esperienza non ha nessuna valenza statistica, ma è stata comunque interessante. Ha sicuramente confermato che pochi, ahimé, conoscono l’ecolabel europeo, come già risulta da un recente sondaggio tra i consumatori dei 27 paesi membri dell’Unione Europea. Conferma però anche, come diciamo sempre alle aziende con cui lavoriamo, che i marchi ecologici possono essere molto utili (ne parlerò più avanti) ma necessitano di essere comunicati a dovere. Infine, poiché i prodotti li acquistiamo nei negozi e i commessi, secondo altri recenti statistiche, sono tra le persone di cui ci fidiamo di più quando dobbiamo scegliere un prodotto da acquistare, sarebbe opportuno fare un lavoro di educazione ambientale proprio nei punti vendita.