“Marchi e certificazioni legittimi sono strumenti utili che possono aiutare il consumatore a scegliere dove riporre la proria fiducia e come spendere il proprio denaro”, parole di David Vladeck, direttore del Bureau of Consumer Protection della Federal Trade Commission statunitense. Se però tali marchi sono concessi senza che vengano fatti i controlli adeguati da enti terzi ed indipendenti, e all’interno di un sistema gestito seriamente da un ente di accreditamento, allora siamo di fronte ad un caso di greenwashing.
Greenwashing
Quando un’azienda cerca di far apparire i propri prodotti o servizi come sostenibili fornendo informazioni non rispondenti a realtà allo scopo di migliorare la propria immagine.
Secondo quanto dichiarato nel sito della FTC (Federal Trade Commission), da febbraio 2009 ad aprile 2010, le società Tested Green e Claeys hanno pubblicizzato e venduto marchi ambientali affermando che Tested Green era “il programma di certificazione leader, con oltre 45000 certificazioni negli Stati Uniti”.
Più che verificare la validità delle pratiche ambientali delle aziende richiedenti, però, sembra che Tested Green si limitasse a verificare l’avvenuto pagamento da parte del cliente, rispettivamente di 189,95 dollari o 549,95 dollari a seconda del tipo di certificazione richiesto. La FTC ha recentemente raggiunto un accordo consensuale con l’azienda, che sono riuscita a trovare Here . E’ stata una lettura molto interessante, e mi ha colpito soprattutto l’obbligo del titolare dell’azienda a dover notificare la FTC, per un periodo di 10 anni, relativamente alla natura delle sue attività lavorative, dando notizie dettagliate sui propri recapiti professionali oltre alla descrizione delle mansioni che ricoprirà durante tutto questo perido. Attenzione, ti tengo d’occhio, sembra il messaggio della Commissione.
Per quanto riguarda le aziende che hanno acquistato il marchio, ho letto che probabilmente anche l’operato di almeno alcune di esse verrà approfondito. L’accusa alla Tested Green non è infatti stata quella di aver disinformato altre aziende, ma di aver offerto strumenti per attuare pratiche ingannevoli nei confronti dei consumatori. Le aziende che hanno fatto bella mostra del marchio potrebbero non dormire sonni tranquilli. Ingenui a parte, è difficile credere alla buona fede di tutti. Sarebbe bastato infatti un semplice controllo su Google. Un paio di click e sono giunta ad esempio a questa discussione sul forum di GreenerPeople, tenutasi proprio nel periodo incriminato. Anche questo un tema che approfondirò a breve.