Ripropongo oggi qui un articolo apparso nella nostra newsletter di venerdì. Ho sempre seguito la tematica dell’obsolescenza programmata perché ha tante e tali implicazioni da renderla interessante sotto diversi punti di vista: etico, strategico, di comunicazione, psicologico. Se il tema appassiona anche voi, alla fine segnalo una serie di approfondimenti.
Alla fine troverete anche un paio di illustrazioni tra le tante che ho raccolto nel tempo. Quella che apre questo post è invece stata realizzata da noi ed è condivisibile con licenza Creative Commons.
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Si parla di obsolescenza programmata quando un’azienda pianifica volontariamente il fine vita dei propri prodotti allo scopo di spingere il consumatore ad acquistarne di più.
Abbiamo parlato di obsolescenza programmata nel nostro blog, presentando quello che sembra essere il primo caso conosciuto di tale approccio, quello della lampadina.
Se ci pensate bene, è facile definire in modo generico l’obsolescenza programmata, ma questa si può presentare in molti modi, tanto che ormai vengono classificati diversi tipi di questa pratica, alcuni considerati fisiologici e quindi caratteristici di un’obsolescenza naturale.
La Francia da anni si è organizzata per la lotta alla pratica dell’obsolescenza sinonimo di spreco e diverse sono le iniziative di consumatori ed esperti per individuarla ed educare i cittadini a riconoscerla. HOP (Halte à l’Obsolescence Programmée), ad esempio, identifica tre tipi di obsolescenza programmata e mi sembra, tra tutte quelle che ho visto, una classificazione molto valida:
– Obsolescenza tecnica o funzionale : si verifica quando una parte del prodotto, essenziale e non sostituibile, non funziona più, rendendo il prodotto inutilizzabile, o non è più commercializzata, rendendone impossibile la sostituzione
– Obsolescenza estetica : questa è quella più intuitiva, perché a dettare la fine di un prodotto è il rinnovarsi delle mode. È detta anche obsolescenza psicologica, e lo si capisce bene quando ad esempio il lancio di un determinato prodotto genera tale e tanta aspettativa da essere accolto con veri e propri assalti ai punti vendita;
– Obsolescenza informatica : si verifica quando sviluppi nei software rendono un dispositivo o apparecchio non più compatibile o aggiornabile, o meno appetibile, o quando ad esempio il servizio tecnico per tale software non è più disponibile. È tipico dei computer e degli smartphone.
Nel primo tipo di obsolescenza programmata descritto, in alcuni casi si parla anche di obsolescenza positiva, quando un’innovazione è dirompente o comunque tale da rendere il nuovo prodotto molto più efficiente. Attenzione però, perché ci sono aziende che, pur avendo già sviluppato determinati miglioramenti, decidono di dilatarne il lancio nel mercato attraverso prodotti intermedi e miglioramenti incrementali. Ben vengano invece quei prodotto realmente e genuinamente migliorativi dei precedenti.
Per quanto riguarda il secondo tipo di obsolescenza della classificazione, quella estetica, è doveroso dire che il consumatore può molto, anche solo usando un po’ di buon senso.
A queste tre forme aggiungerei poi l’ obsolescenza qualitativa , citata nel libro “The waste makers” di Vance Packard. Questa, non c’è dubbio, la riconoscete ogni volta che, avendo da poco acquistato un prodotto, già si deteriora. È quella che vi fa pensare, non proprio carinamente, alla persona che ve l’ha venduto. Può essere il maglioncino che, lavato per la terza volta, comincia a cedere o a presentare dei buchini, un gioco poco resistente, qualsiasi cosa che, usata in modo corretto, non arriverà mai a conoscere la parola “usura”.
Noi possiamo solo farci furbi, acquistare informati e imparare dai nostri errori. In Francia , invece le aziende devono stare molto attente poiché dal 2015, con la Legge di Transizione Energetica , sono punibili con una multa di 300.000 euro e addirittura due anni di prigione in caso di comprovata obsolescenza programmata. E la pena, in determinati casi, può anche arrivare al 5% fatturato realizzato dall’azienda sul territorio francese.
Se volete approfondire , ecco di seguito alcuni riferimenti:
-The waste makers, Vance Packard, Longmans, scaricabile Here
– We’re all losers to a gadget industry built on planned obsolescence, The Guardian, Here
– L’obsolescence programmée, Université de Montpellier, Centre du droit de la consommation e du marché
– Produits électroniques : l’obsolescence programmée hors de la loi, Huffington Post
– See more at: http://www.to-be.it/obsolescenza-programmata/#sthash.ts9jaaQX.dpuf
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Ecco un paio di immagini che spiegano l’obsolescenza programmata trovate in rete.
E che dire di questa chicca, Charlie Brown che nel 1972 parla di obsolescenza programmata (l’originale inglese era apparso nel 1960), numero scoperto da Valentina Trevisanato.