Rinforzare la plastica con le nanofibre dei vegetali

5 October 2016

Non posso non riportare un articolo apparso nella nostra newsletter, spedita questa mattina. Seguiamo il progetto INCOM da tre anni ed è stato un piacere e un onore organizzare l’incontro con i partner del consorzio. In casi come questo il lavoro viene sempre ripagato da tanta soddisfazione.

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La scorsa settimana il nostro ufficio ha ospitato un fantastico gruppo di esperti di centri di ricerca e aziende da 7 paesi europei per discutere del progetto europeo INCOM – “Industrial Prodiction Processes for Nanoreinforced Composite Structures”, di cui siamo Work Package leader per Life Cycle Assessment e Life Cycle Costing.

Due giornate intense ma anche molto proficue.

INCOM ha l’obiettivo di sviluppare strutture a sandwich leggere per applicazioni nei settori del packaging, dei veicoli e dell’aeronautica. Lo sviluppo di tali strutture è basato sull’impiego di materiali avanzati rinforzati con nanofibrille di cellulosa.

Sono argomenti molto complessi, ma un articolo scritto da Yvonne Aitomäki della Luleä University of Tecnology, partner del progetto, mi permette di raccontare il lavoro che stiamo facendo in modo scientificamente corretto ma semplice allo stesso tempo. Il succo della questione, e in questo caso la parola è decisamente azzeccata, consiste nel spremere carote e rinforzare la plastica con i residui della centrifuga.

Spesso le nanofibre vengono estratte dal legno, ma questa procedura necessita di trattamenti chimici e separazione meccanica con elevato uso di energia. La Luleä University of Tecnology ha studiato l’estrazione di nano fibre dal legno, dai resti della produzione del succo di carota e della birra. I residui della carota hanno il vantaggio di permettere la produzione delle nanofibre in tempi ridotti rispetto alle altre, con uso inferiore sia di energia che di sostanze chimiche. Un altro vantaggio è che proprietà meccaniche del prodotto ottenuto sono eccellenti in quanto a resistenza e rigidità.

Per quante carote si coltivino al mondo, sicuramente la questione della disponibilità della materia prima è un aspetto da considerare. Ci mettiamo tutti a bere centrifughe di carota per avere residui da usare per la migliorare le proprietà di plastiche o bioplastiche? Innanzi tutto è giusto precisare che la quantità di nanofibre necessarie allo scopo è limitato, però la disponibilità rimane un aspetto da tebnere in considerazione. La ricerca ci permette di fare passi avanti, e quindi ora che un residuo vegetale è stato individuato, sarà possibile magari concentrarsi su residui di vegetali diversi che hanno una struttura della cellula simile.

Potete leggere l’articolo “Waste less – get more” di Yvonne Aitomäki della Luleä University of Tecnology a questo link .

Fanno parte del consorzio del progetto INCOM i seguenti partner:  VTT, Finlandia;  LTU (Lulea University of Technology), Svezia;  Fraunhofer-Gesellschaft, Germania;  DTU (Technical University of Denmark), Danimarca;  2B, Italia;  Diehl Aircabin, Germania;  Axon Automotive, Regno Unito; Millidyne, Finlandia;  VMA-Getzmann, Germania;  SurA Chemicals, Germania;  Bergius, Svezia;  CSI, Composite Solutions and Innovations, Finlandia; EconCore, Belgio.

Il progetto INCOM ha una durata di 4 anni, da settembre 2013 ad agosto 2017 ed è stato finanziato all’interno del 7° Programma Quadro dell’UE. Questo il sito dedicato: http://www.incomproject.eu/